LE IMMAGINI DELLA VIDEOSORVEGLIANZA POSSONO ESSERE USATE LEGITTIMAMENTE PER FINI DISCIPLINARI MA SOLO SE IL CCNL NON LO VIETA ESPRESSAMENTE

team valletta Diritto del lavoro e previdenza, Gaspare Roma, Ilaria Uletto, Pubblicazioni

A decorrere dall’entrata in vigore del D.lgs. 151/2015 (“Jobs Act”), il datore di lavoro ha la facoltà di utilizzare le immagini legittimamente raccolte attraverso sistemi di videosorveglianza “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, come stabilito dal modificato art. 4, comma 3, L. 300/1970 (“Statuto dei Lavoratori”), dunque, anche ai fini disciplinari.

Tuttavia, per un legittimo utilizzo delle informazioni raccolte dagli impianti audiovisivi per fini disciplinari, è necessario che il contratto collettivo nazionale di lavoro (“CCNL”) applicato dal datore di lavoro non preveda una specifica clausola di inutilizzabilità. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30822 del 24 novembre 2025, che, pronunciandosi sulla legittimità del licenziamento disciplinare di un croupier, ha affermato che le disposizioni del CCNL che vietano di utilizzare le immagini di un sistema di videosorveglianza ai fini disciplinari prevalgono sulla generale previsione di utilizzabilità prevista dallo Statuto dei Lavoratori (e ciò anche, chiaramente, qualora il datore di lavoro abbia pienamente rispettato le previsioni di cui all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori).

In particolare, nella vicenda oggetto del giudizio della Suprema Corte, un dipendente con mansioni di croupier era stato colto dalle telecamere di videosorveglianza nell’atto di appropriarsi di due banconote da Euro 100 l’una provenienti da clienti e, per tale fatto, licenziato.

Tuttavia, il licenziamento è stato ritenuto illegittimo dalla Corte di Cassazione, poiché i dati su cui si fondava il provvedimento espulsivo erano stati acquisiti in violazione delle disposizioni del CCNL applicabile al rapporto di lavoro e dell’autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato del Lavoro, che consentiva l’installazione di sistemi audiovisivi purché non utilizzati a fini disciplinari.

Nell’addivenire a tale decisione, la Suprema Corte rileva in via preliminare che, a seguito della novella introdotta dal Jobs Act, l’art. 4, comma 3, dello Statuto dei Lavoratori consente al datore di lavoro di utilizzare le informazioni raccolte dagli impianti audiovisivi a qualsivoglia fine – anche disciplinare – a patto che ricorrano le seguenti condizioni: (i) sia data ai lavoratori adeguata informazione delle relative modalità d’uso ed esaustiva informativa, sul trattamento dei dati personali effettuato mediante tali strumenti, nel rispetto di quanto previsto dal D.lgs. 196/2003, nonché (ii) i sistemi di videosorveglianza siano installati previo accordo con le rappresentanze sindacali o, in mancanza, previa autorizzazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha precisato che tale disposizione legislativa non opera in via assoluta ed esaustiva, ma deve essere coordinata con eventuali fonti di rango contrattuale collettivo. In particolare, qualora il CCNL applicabile contenga una clausola di miglior favore per i dipendenti che vieti l’utilizzo delle registrazioni per finalità disciplinari (pur se acquisite nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori), tale previsione è da ritenersi prevalente sulla generale norma legislativa.

In applicazione di questo principio, la Cassazione ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato sulla base delle immagini acquisite tramite videosorveglianza, rigettando il ricorso della società.

La pronuncia della Cassazione segna un passaggio rilevante in merito all’utilizzabilità delle immagini della videosorveglianza: se la legge, dopo il Jobs Act, ha ampliato l’utilizzabilità delle immagini anche in sede disciplinare, resta fermo che le clausole di miglior favore contenute nei contratti collettivi non possono essere disapplicate. In altre parole, la gerarchia delle fonti impone che la disposizione contrattuale – collettiva – prevalga sulla norma generale, quando più garantista per il lavoratore.

La videosorveglianza non può, dunque, trasformarsi in uno strumento di controllo illimitato, ma deve sempre confrontarsi con i limiti posti dalla contrattazione collettiva, le cui clausole hanno forza vincolante e capacità di derogare in senso più favorevole al lavoratore rispetto alla disciplina legale.