FORMAZIONE DEI PRATICANTI AVVOCATI. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA NORMATIVA CHE RICHIEDE IL COMPIMENTO DI UNA PARTE DEL PERIODO DI FORMAZIONE PRESSO UN AVVOCATO STABILITO NEL TERRITORIO NAZIONALE

team valletta Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Pubblicazioni

In data 3 aprile 2025, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-807/23, Katharina Plavec contro Rechtsanwaltskammer Wien, sull’interpretazione dell’articolo 45 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Katharina Plavec e la Rechtsanwaltskammer Wien (Ordine degli avvocati di Vienna, RAK) in merito al rigetto della domanda volta ad ottenere, da un lato, la sua iscrizione nel registro dei praticanti avvocati e, dall’altro, l’emissione di un certificato dal quale risulti il suo potere limitato di rappresentanza in giudizio, ai sensi della Rechtsanwaltsordnung (Regolamento relativo alla professione forense, RAO).

Questi i fatti.

La sig.ra Plavec era stata assunta come lavoratrice subordinata nello studio legale Jones Day a Francoforte sul Meno, ove svolgeva un praticantato presso un avvocato austriaco avente lo status di associato.

In data 14 gennaio 2022, ella aveva chiesto alla RAK di essere iscritta al registro dei praticanti avvocati nonché l’emissione di un certificato da cui risultasse il suo potere limitato di rappresentanza in giudizio, fornendo a tal fine diverse precisazioni[1].

Il servizio competente della RAK, tuttavia, aveva respinto la domanda della sig.ra Plavec in quanto il suo praticantato non era svolto presso un avvocato stabilito in Austria[2].

Poiché il consiglio della RAK aveva respinto il reclamo proposto contro tale decisione, la sig.ra Plavec aveva adito l’Oberster Gerichtshof (Corte suprema austriaca; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 45[3] TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato Membro che impone lo svolgimento di una parte determinata di un praticantato, necessario per l’accesso alla professione di avvocato e nel corso del quale il praticante avvocato dispone di un certo potere di rappresentanza dinanzi agli organi giurisdizionali di tale Stato, presso un avvocato ivi stabilito escludendo che essa possa essere svolta presso un avvocato stabilito in un altro Stato Membro, sebbene tale avvocato sia iscritto ad un ordine degli avvocati del primo Stato e le attività effettuate nell’ambito di tale praticantato riguardino il diritto di quest’ultimo.

La Corte ha preliminarmente rilevato che una normativa nazionale come quella del caso concreto rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 45 TFUE anche se disciplina un praticantato che fa parte della formazione che consente l’accesso alla professione di avvocato, in quanto i giuristi interessati esercitano la loro attività di praticante in qualità di lavoratori subordinati che percepiscono un salario[4].

A tale riguardo, l’articolo 45 TFUE mira ad agevolare, per i cittadini europei, l’esercizio di attività professionali di qualsivoglia natura sul territorio dell’Unione, ostando ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato Membro[5]. Di conseguenza, disposizioni nazionali che ostacolino o dissuadano un lavoratore, cittadino di uno Stato Membro, dall’abbandonare il suo Stato di origine per esercitare il suo diritto alla libera circolazione costituiscono ostacoli a questa libertà anche qualora esse si applichino indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati[6].

Tutto ciò premesso, l’articolo 45 TFUE osta, in linea di principio, ad una misura nazionale, riguardante i requisiti per prendere in considerazione un’esperienza professionale ai fini dell’accesso alla professione forense, acquisita in uno Stato Membro diverso dall’autore di tale misura, che sia in grado di ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal TFUE da parte dei cittadini dell’Unione, ivi compresi quelli dello Stato autore della misura in questione[7].

Ciò che vale, del pari, anche per una normativa nazionale che esclude che sia presa in considerazione l’esperienza professionale che deve essere acquisita nell’ambito di una parte determinata di un praticantato necessario all’accesso alla professione di avvocato per il solo motivo che la stessa è svolta presso un avvocato stabilito in un altro Stato Membro. Di conseguenza, una normativa nazionale come quella del caso concreto, che impone che una parte determinata del praticantato necessario all’accesso alla professione di avvocato sia svolta presso un avvocato stabilito in tale Stato Membro, costituisce effettivamente una restrizione alla libertà di circolazione garantita dall’articolo 45 TFUE, dal momento che essa può ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio di tale libertà di circolazione, limitando la possibilità, per tali cittadini, di esercitare la loro attività professionale, in qualità di praticanti avvocati, presso un avvocato stabilito in un altro Stato Membro.

Una restrizione alla libertà di circolazione, tuttavia, può essere ammessa a condizione di essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e di rispettare il principio di proporzionalità, essendo perciò idonea a garantire, in modo coerente e sistematico, la realizzazione dell’obiettivo perseguito senza eccedere quanto necessario per raggiungerlo[8].

Ciò che non si verifica nel caso concreto in quanto, mirando a fare in modo che l’avvocato abbia acquisito un’esperienza soddisfacente della pratica del diritto nazionale e dei contatti con le autorità e gli organi giurisdizionali austriaci al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi di tutela dei destinatari dei servizi giuridici e di buona amministrazione della giustizia perseguiti dalla normativa nazionale in questione, il requisito secondo cui un giurista deve svolgere una parte determinata del praticantato presso un avvocato stabilito nello Stato Membro di cui trattasi eccede quanto necessario per raggiungere tali obiettivi.

Lo svolgimento, da parte di giuristi, di un praticantato presso un avvocato iscritto ad un ordine degli avvocati austriaco, ma stabilito in un altro Stato Membro, corredato dall’obbligo di provare alle autorità nazionali competenti che detto praticantato è tale da assicurare l’accesso ad un’esperienza equivalente a quella fornita da un praticantato presso un avvocato stabilito in Austria, infatti, costituisce una misura idonea a conseguire gli obiettivi perseguiti da una normativa in questione, essendo al contempo meno stringente rispetto alla restrizione imposta da quest’ultima.

Alla luce di quanto visto finora, la Corte ha pertanto statuito che: “L’articolo 45 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro che impone lo svolgimento di una parte determinata di un praticantato – necessario per l’accesso alla professione di avvocato e nel corso del quale il praticante avvocato dispone di un certo potere di rappresentanza dinanzi agli organi giurisdizionali di tale Stato membro – presso un avvocato stabilito in detto Stato membro, escludendo che essa possa essere svolta presso un avvocato stabilito in un altro Stato membro, sebbene tale avvocato sia iscritto ad un ordine degli avvocati del primo Stato membro e le attività effettuate nell’ambito di tale praticantato riguardino il diritto di tale primo Stato membro, e non consentendo quindi ai giuristi interessati di svolgere tale parte di detto praticantato in un altro Stato membro a condizione che essi provino alle autorità nazionali competenti che, così come sarà svolta, essa è idonea ad assicurare loro una formazione e un’esperienza equivalenti a quelle che fornisce un praticantato presso un avvocato stabilito nel primo Stato membro”.  

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[1] Nello specifico, il fatto che i) il suo domicilio e la sua residenza abituale si trovavano a Francoforte sul Meno ed ella disponeva di una residenza secondaria a Vienna, la sua attività avrebbe riguardato esclusivamente il diritto austriaco, e iii) il supervisore del suo praticantato, il solo abilitato a fornirle istruzioni in merito alle cause vertenti sul diritto austriaco, avrebbe esercitato un’attività di consulenza in materia di diritto austriaco per clienti austriaci e stranieri dello studio legale Jones Day, e li avrebbe rappresentati dinanzi agli organi amministrativi e giurisdizionali austriaci.
[2] L’articolo 30 del RAO al paragrafo 1 dispone: “… Ai fini dell’iscrizione nel registro dei praticanti avvocati, al momento dell’assunzione nello studio legale occorre presentare una dichiarazione alla commissione, allegando prova della cittadinanza austriaca, della cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo o della Confederazione svizzera, nonché prova del conseguimento di un titolo accademico in diritto austriaco (…). Il periodo di praticantato presso un avvocato viene preso in considerazione solo a partire dalla data di ricezione di detta dichiarazione…”.
[3] L’articolo 45 TFUE dispone: “… La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata. Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:
  1. a) di rispondere a offerte di lavoro effettive;
  2. b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri;
  3. c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali;
  4. d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l’oggetto di regolamenti stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.
Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione…”.
[4] CGUE 13.11.2003, Causa C‑313/01, Morgenbesser, punto 60.
[5] CGUE 16.11.2023, Causa C‑459/22, Commissione/Paesi Bassi (Trasferimento del valore di diritti a pensione), punto 29.
[6] CGUE 11.07.2019, Causa C‑716/17, A, punto 17.
[7] CGUE 17.12.2020, Causa C‑218/19, Onofrei, punto 30.
[8] Ibidem, punto 32.