ACCORDI VERTICALI. LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULL’ATTRIBUZIONE DI UN TERRITORIO ESCLUSIVO AD UN ACQUIRENTE E SULL’ASSENZA DI VENDITE ATTIVE DA PARTE DI ALTRI ACQUIRENTI

team valletta Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Marco Stillo, Prospettive, Pubblicazioni

In data 8 maggio 2025, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C581/23, Beevers Kaas BV contro Albert Heijn België NV e a., sull’interpretazione dell’articolo 4, lettera b), i), del Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate1. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Beevers Kaas BV (“Beevers”) e, dall’altro, la Albert Heijn België NV, la Koninklijke Ahold Delhaize NV, la Albert Heijn BV e la Ahold België BV (congiuntamente: le “Albert Heijn”) in merito alla violazione, da parte di queste ultime, dell’accordo di distribuzione esclusiva che vincola la Beevers alla B.A. Coöperatieve Zuivelonderneming Cono (“Cono”) per la distribuzione del formaggio Beemster in Belgio e in Lussemburgo. 

Più particolarmente, la Beevers sosteneva che le società Albert Heijn si erano rese complici, in quanto terzi, di una violazione del suddetto accordo di distribuzione esclusiva risultante dalle attività di rivendita che le stesse avrebbero svolto sul territorio belga, pur sapendo che la Cono e la Beevers erano vincolate da tale accordo. Per le società Albert Heijn, invece, l’accordo di distribuzione esclusiva in questione, non imponendo alla Cono l’obbligo di proteggere la Beevers dalle vendite attive di altri distributori, non soddisferebbe le rigorose condizioni del diritto della concorrenza per giustificare un divieto di rivendita. 

Con sentenza del 9 luglio 2021, il presidente dell’ondernemingsrechtbank Antwerpen (tribunale delle imprese di Anversa) aveva respinto in quanto infondato il ricorso proposto dalla Beevers. Quest’ultima, pertanto, aveva interposto appello dinanzi allo hof van beroep te Antwerpen (Corte d’appello di Anversa; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali. 

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 4, lettera b), i)2, del Regolamento n. 330/2010 debba essere interpretato nel senso che, qualora un fornitore abbia attribuito un territorio esclusivo ad uno dei suoi acquirenti, la mera constatazione del fatto che gli altri acquirenti di tale fornitore non effettuano vendite attive in tale territorio è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un accordo il fornitore e tali altri acquirenti riguardante il divieto di vendite attive in detto territorio, ai fini dell’applicazione di tale disposizione. 

La Corte ha preliminarmente ricordato che la concessione, da parte di un fornitore, di un’esclusiva territoriale ad uno dei suoi acquirenti si accompagna necessariamente all’obbligo parallelo di proteggere tale acquirente dalle vendite attive degli altri suoi acquirenti. Di conseguenza, l’articolo 4, lettera b), i), del Regolamento n. 330/2010 mira a ricomprendere le restrizioni sulle vendite attive che il fornitore deve, a tale titolo, imporre ai suoi acquirenti al fine di garantire l’effettività di una tale esclusiva nel territorio che ha attribuito ad uno di essi.  

Affinché sussista un accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) è sufficiente che le imprese di cui trattasi abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in un determinato modo, di talché un accordo non può fondarsi sull’espressione di una politica puramente unilaterale di una parte di un contratto di distribuzione3. Un atto o un comportamento apparentemente unilaterale, tuttavia, costituisce un accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE qualora sia l’espressione della comune volontà di almeno due parti, non essendo di per sé determinante il modo con cui quest’ultima si manifesta4. Nel caso di una restrizione delle vendite attive nel territorio esclusivo attribuito ad un acquirente, pertanto, la comune volontà delle parti può risultare sia dalle clausole dei contratti di distribuzione che vincolano il fornitore agli acquirenti che non beneficiano dell’esclusiva territoriale, qualora tali contratti contengano un divieto esplicito di non procedere a siffatte vendite, sia dal comportamento esplicito o tacito delle parti che consenta di concludere per l’esistenza di un assenso, da parte di questi ultimi acquirenti, ad un invito di tale fornitore a non procedere a dette vendite5. A tale scopo, l’esistenza di un accordo che ha per oggetto di restringere le vendite attive in un territorio esclusivo può essere dimostrata non solo mediante prove dirette, e bensì anche sulla base di indizi oggettivi e concordanti, qualora se ne possa dedurre con sufficiente certezza che un fornitore ha invitato i suoi acquirenti a non realizzare siffatte vendite in tale territorio e che questi ultimi hanno, in pratica, accettato tale invito6. 

Tutto ciò premesso, nel caso concreto gli accordi di distribuzione conclusi tra la Cono e i suoi acquirenti non contengono alcuna clausola diretta ad imporre a questi ultimi un divieto delle vendite attive nel territorio esclusivo concesso alla Beevers. Ad eccezione delle società Albert Heijn, inoltre, nessun acquirente della Cono ha effettuato siffatte vendite su tale territorio, cioè che, tuttavia, non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di un accordo ai sensi dell’articolo 101 TFUE, in quanto una circostanza del genere non consente di dedurre che la Cono abbia invitato i suoi acquirenti a non effettuare le vendite di cui trattasi. 

Con la seconda questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 4, lettera b), i), del Regolamento n. 330/2010 debba essere interpretato nel senso che il beneficio dell’eccezione prevista da tale disposizione è concesso per il periodo per il quale è dimostrato che vi è l’assenso degli acquirenti del fornitore all’invito di quest’ultimo a non effettuare vendite attive nel territorio esclusivo attribuito ad un altro acquirente. 

La Corte ha preliminarmente ricordato che un divieto di vendite attive rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, lettera b), i), del Regolamento n. 330/2010 qualora, da un lato, il fornitore abbia invitato i suoi acquirenti a non effettuare siffatte vendite nel territorio esclusivo attribuito ad un altro acquirente e, dall’altro, gli acquirenti abbiano acconsentito a tale invito. La parte che si avvale di tale eccezione, pertanto, deve dimostrare che ricorrono i suddetti elementi, di talché il beneficio in questione è concesso per il periodo per il quale tale prova ha potuto essere fornita. 

Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che: 

L’articolo 4, lettera b), i), del regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, [TFUE] a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, deve essere interpretato nel senso che qualora un fornitore abbia attribuito un territorio esclusivo a uno dei suoi acquirenti, la mera constatazione del fatto che gli altri acquirenti di tale fornitore non effettuano vendite attive in tale territorio non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un accordo tra detto fornitore e tali altri acquirenti riguardante il divieto di vendite attive in detto territorio, ai fini dell’applicazione di tale disposizione. 

L’articolo 4, lettera b), i), del regolamento n. 330/2010 deve essere interpretato nel senso che il beneficio dell’eccezione prevista da tale disposizione è concesso per il periodo per il quale è dimostrato che vi è l’assenso degli acquirenti del fornitore all’invito di quest’ultimo a non effettuare vendite attive nel territorio esclusivo attribuito ad un altro acquirente”. 

 

Scarica l’articolo