[1] GUUE L 349 del 05.12.2014.
[2] GUUE L 11 del 14.01.2019.
[3] CGUE 30.01.2025, Causa C‑511/23, Caronte & Tourist, punto 44.
[4] CGUE 06.06.2013, Causa C‑536/11, Donau Chemie e a., punto 42; CGUE 14.06.2011, Causa C‑360/09, Pfleiderer, punti 25-27.
[5] L’articolo 31 della Direttiva 2019/1, intitolato “Accesso delle parti al fascicolo e limiti all’uso delle informazioni”, al paragrafo 3 dispone: “… Gli Stati membri provvedono affinché l’accesso a dichiarazioni legate a un programma di trattamento favorevole o alle proposte di transazione sia concesso solo alle parti oggetto del pertinente procedimento e unicamente ai fini dell’esercizio dei loro diritti di difesa…”.
[6] L’articolo 47 della Carta, intitolato “Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”, ai paragrafi 1-2 dispone: “… Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.
Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare…”.
[7] L’articolo 48 della Carta, intitolato “Presunzione di innocenza e diritti della difesa”, al paragrafo 2 dispone: “… Il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato…”.
[8] CGUE 16.11.2023, Causa C‑333/22, Ligue des droits humains (Verifica del trattamento dei dati da parte dell’autorità di controllo), punto 57.
[9] CGUE 22.06.2023, Causa C‑660/21, K.B. e F.S. (Rilevabilità d’ufficio di una questione in ambito penale), punto 41.
LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SUL CONFERIMENTO ALLE ANC DEGLI STATI MEMBRI DEI POTERI DI APPLICARE PIÙ EFFICACEMENTE LE NORME IN MATERIA DI CONCORRENZA E DI ASSICURARE IL CORRETTO FUNZIONAMENTO DEL MERCATO INTERNO
In data 30 ottobre 2025, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C‑2/23, FL und KM Baugesellschaft e S, sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafi 6 e 7, nonché dell’articolo 7, paragrafo 1, della Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea[1], e dell’articolo 31, paragrafo 3, della Direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno[2]. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di un procedimento di opposizione promosso dalla FL und KM Baugesellschaft m.b.H. & Co. KG (“FL”) e dalla S AG (“S”) relativamente all’acquisizione al fascicolo di un’indagine penale condotta dalla Zentrale Staatsanwaltschaft zur Verfolgung von Wirtschaftsstrafsachen und Korruption (Procura centrale austriaca per il perseguimento della criminalità economica e della corruzione) delle dichiarazioni legate ad un programma di clemenza o trattamento favorevole e delle proposte di transazione effettuate da tali società nonché degli allegati di tali documenti.
Questi i fatti.
La FL e la S erano sospettate di aver sistematicamente e ripetutamente presentato domande di partecipazione a gare d’appalto pubbliche, sottoposto offerte o condotto trattative fondate su cartelli illegali volti ad indurre le amministrazioni aggiudicatrici ad accettare una determinata offerta, di talché il pubblico ministero aveva avviato un procedimento di indagine penale nei loro confronti. Parallelamente, l’autorità federale garante della concorrenza aveva avviato un procedimento in materia di intese dinanzi all’Oberlandesgericht Wien als Kartellgericht (Tribunale superiore del Land di Vienna), nel corso del quale la FL e la S avevano presentato una richiesta di trattamento favorevole conformemente alla normativa nazionale in materia, ottenendo una riduzione dell’ammenda.
Nell’ambito dell’assistenza reciproca, il pubblico ministero aveva chiesto al giudice competente in materia di intese una copia del fascicolo del procedimento nonché taluni documenti del procedimento amministrativo connesso al cartello in questione. Nonostante la FL e la S avessero chiesto di non acquisire tali documenti al fascicolo, di non utilizzarli e, in ogni caso, di escluderli in modo permanente dall’accesso nei confronti di tutti gli indagati e dei soggetti danneggiati, il pubblico ministero non aveva dato seguito a tale richiesta. Di conseguenza, la FL e la S avevano proposto opposizione avverso tale decisione di diniego dinnanzi al Landesgericht für Strafsachen Wien (Tribunale penale del Land di Vienna), che tuttavia l’aveva respinta constatando che l’acquisizione al fascicolo penale, da parte del pubblico ministero, delle dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e delle proposte di transazione in questione nonché dei loro allegati era legittima. La FL e la S, pertanto, avevano proposto ricorso dinanzi all’Oberlandesgericht Wien (Tribunale superiore del Land di Vienna; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia tre questioni pregiudiziali.
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’autorità nazionale garante della concorrenza (ANC) e il giudice nazionale competente in materia di intese sono tenuti, nell’ambito del meccanismo di assistenza amministrativa previsto da tale normativa, a trasmettere al pubblico ministero, su richiesta di quest’ultimo, i fascicoli di tale autorità e di tale giudice, comprese le dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e le proposte di transazione contenute in detti fascicoli, nonché le informazioni da ciò ricavate.
La Corte ha preliminarmente rilevato che un meccanismo di assistenza amministrativa, come quello previsto dalla normativa nazionale in questione, che implica l’obbligo, per gli organi pubblici, di prestarsi mutua assistenza nell’ambito dei loro rispettivi settori di competenza, e in applicazione del quale l’ANC e il giudice competente in materia di intese sono tenuti a trasmettere al pubblico ministero i fascicoli richiesti da quest’ultimo, comprese le dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e le proposte di transazione, anche ai fini di procedimenti penali che non hanno ad oggetto una violazione del diritto della concorrenza, non è disciplinato, in quanto tale, dal diritto dell’Unione. Sebbene l’adozione di un meccanismo di assistenza amministrativa del genere rientri nella competenza degli Stati Membri, tuttavia, questi ultimi devono assicurarsi che le norme che adottano o applicano non pregiudichino l’effettiva applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE[3].
I programmi di clemenza, inoltre, costituiscono strumenti utili nella lotta efficace per individuare e porre termine a violazioni delle norme in materia di concorrenza, contribuendo all’obiettivo dell’effettiva applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE. L’efficacia di tali programmi, pertanto, potrebbe essere compromessa se le persone coinvolte nelle violazioni del diritto della concorrenza fossero dissuase dall’avvalersi della possibilità offerta da tali programmi di fronte all’eventualità di una comunicazione dei documenti relativi ad un procedimento di clemenza a soggetti diversi da quelli per i quali questi ultimi sono stati presentati[4]. Di conseguenza, un meccanismo di assistenza amministrativa tra le autorità nazionali di uno stesso Stato Membro come quello di cui al caso concreto deve essere concepito in modo da preservare l’effetto utile dell’articolo 101 TFUE, in particolare prevenendo che, a causa dell’accesso alle dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e alle proposte di transazione, la tutela dei richiedenti tale trattamento, prevista dal diritto dell’Unione, sia svuotata di significato.
Con la seconda questione, invece, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 31, paragrafo 3[5], della Direttiva 2019/1 debba essere interpretato nel senso che la tutela che esso accorda alle dichiarazioni legate a un programma di trattamento favorevole e alle proposte di transazione comprende anche i documenti e le informazioni che sono stati forniti per illustrare, concretizzare e comprovare il contenuto di tali dichiarazioni e di tali proposte.
La Corte ha preliminarmente ricordato che le dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e le proposte di transazione non comprendono le informazioni preesistenti, le quali, ai sensi della Direttiva 2019/1, corrispondono alle prove esistenti indipendentemente dal procedimento istruttorio, a prescindere dalla presenza o meno di siffatte informazioni nel fascicolo di un’ANC, come i documenti risalenti all’epoca della violazione di cui trattasi. L’articolo 31, paragrafo 3, della Direttiva 2019/1, che verte sull’accesso al fascicolo di un’ANC, inoltre, riguarda espressamente le dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e le proposte di transazione, limitando l’accesso a queste ultime alle parti oggetto del pertinente procedimento e unicamente ai fini dell’esercizio dei loro diritti di difesa. Di conseguenza, tale disposizione non riguarda l’accesso agli altri documenti di tale fascicolo, quali gli allegati e le informazioni tratte da tali dichiarazioni e da tali proposte dirette ad illustrare, a concretizzare e a comprovare il contenuto delle stesse.
Con la terza questione, il giudice del rinvio chiedeva se l’articolo 31, paragrafo 3, della Direttiva 2019/1, letto alla luce dell’articolo 47, primo e secondo comma[6], e dell’articolo 48, paragrafo 2[7], della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale, nell’ambito di un procedimento penale, che non ha ad oggetto una violazione del diritto della concorrenza, hanno il diritto di accedere alle dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e alle proposte di transazione, predisposte ai fini di un procedimento dinanzi ad un’ANC e trasmesse alle autorità penali nazionali, gli indagati che non sono gli autori di tali dichiarazioni o di tali proposte nonché le altre parti di tale procedimento penale, in particolare i soggetti danneggiati dalla violazione del diritto della concorrenza di cui trattasi, che chiedono il risarcimento del danno causato da tale violazione.
La Corte ha preliminarmente ricordato che l’articolo 31, paragrafo 3, della Direttiva 2019/1 deve essere interpretato, per quanto possibile, in un modo da non pregiudicare la sua validità e in conformità con l’insieme del diritto primario e, segnatamente, con l’articolo 47 della Carta, il quale sancisce il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, nonché con il suo articolo 48, paragrafo 2, che mira a garantire il rispetto dei diritti della difesa[8]. Nell’interpretazione dei diritti garantiti da tali articoli, inoltre, la Corte deve tener conto di quelli corrispondenti garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), così come interpretati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in quanto soglia di protezione minima[9]. A tale riguardo, i diritti della difesa garantiti dalla CEDU richiedono che le autorità penali diano accesso agli indagati tanto alle prove che sono direttamente relative ai fatti di una causa quanto agli elementi relativi all’ammissibilità e al carattere affidabile e completo delle medesime. Di conseguenza, l’articolo 31, paragrafo 3, della Direttiva 2019/1 non può essere interpretato nel senso di ostare in modo assoluto a che, ai fini dell’esercizio dei loro diritti di difesa, gli indagati abbiano accesso alle dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e alle proposte di transazione allegate al fascicolo relativo a tale procedimento, in particolare nel caso in cui talune censure formulate nei confronti dei medesimi siano fondate su elementi ivi contenuti.
Le norme europee in materia di concorrenza, inoltre, autorizzano l’accesso alle dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e alle proposte di transazione predisposte nell’ambito di un procedimento istruttorio avviato dall’ANC soltanto alle parti oggetto di tale procedimento e unicamente ai fini dell’esercizio dei loro diritti di difesa, non potendo intendersi tale espressione nel senso che essa comprende i soggetti danneggiati che possano promuovere un’azione risarcitoria. L’articolo 31, paragrafo 3, della Direttiva 2019/1, pertanto, sarebbe svuotato di significato se il diritto nazionale non accordasse alle dichiarazioni legate ad un programma di trattamento favorevole e alle proposte di transazione, dopo il loro trasferimento alle autorità penali nell’ambito di un procedimento di indagine penale condotto da queste ultime, in applicazione di un meccanismo di cooperazione amministrativa, una tutela equivalente a quella loro garantita dal diritto della concorrenza dell’Unione e, in particolare, se qualsiasi parte di tale procedimento, compresi i soggetti danneggiati che possano promuovere un’azione risarcitoria, avesse accesso a tali dichiarazioni e a tali proposte. Di conseguenza, un accesso del genere può nuocere all’effetto utile dell’articolo 31, paragrafo 3, della Direttiva 2019/1, e non può quindi essere concesso alle parti in un procedimento di indagine penale diverse dagli indagati e, in particolare, ai soggetti danneggiati dalla violazione del diritto della concorrenza di cui trattasi, che chiedano il risarcimento del danno causato da quest’ultima.
Tutto ciò premesso, la Corte ha statuito che:
“L’articolo 101 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale secondo la quale l’autorità nazionale garante della concorrenza e il giudice nazionale competente in materia di intese sono tenuti, nell’ambito del meccanismo di assistenza amministrativa previsto da tale normativa, a trasmettere al pubblico ministero, su richiesta di quest’ultimo, i fascicoli di tale autorità e di tale giudice, comprese le dichiarazioni legate a un programma di trattamento favorevole e le proposte di transazione contenute in detti fascicoli, nonché le informazioni da ciò ricavate, a condizione che un siffatto meccanismo non pregiudichi l’effetto utile di tale articolo.
L’articolo 31, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno, deve essere interpretato nel senso che la tutela che esso accorda alle dichiarazioni legate a un programma di trattamento favorevole e alle proposte di transazione non comprende i documenti e le informazioni che sono stati forniti per illustrare, concretizzare e comprovare il contenuto di tali dichiarazioni e di tali proposte.
L’articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2019/1, letto alla luce dell’articolo 47, primo e secondo comma, e dell’articolo 48, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale secondo la quale, nell’ambito di un procedimento penale, che non ha ad oggetto una violazione del diritto della concorrenza, hanno il diritto di accedere alle dichiarazioni legate a un programma di trattamento favorevole e alle proposte di transazione, predisposte ai fini di un procedimento dinanzi a un’autorità nazionale garante della concorrenza e trasmesse alle autorità penali nazionali, gli indagati che non sono gli autori di tali dichiarazioni o di tali proposte, ma osta a una normativa nazionale secondo la quale hanno diritto a un tale accesso le altre parti di detto procedimento penale, in particolare i soggetti danneggiati dalla violazione del diritto della concorrenza di cui trattasi, che chiedono il risarcimento del danno causato da tale violazione”.

