In data 19 giugno 2025, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C‑219/25 PPU, KN, sull’interpretazione degli articoli 67, paragrafo 3, e 82, paragrafo 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) in combinato disposto con gli articoli 19 e 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una richiesta di estradizione da parte delle autorità georgiane a quelle francesi riguardante KN, cittadino greco e georgiano, ai fini dell’esecuzione, in Georgia, della pena dell’ergastolo.
Questi i fatti.
KN era stato condannato in contumacia, sia in primo grado che in appello, alla pena dell’ergastolo per traffico internazionale di cocaina effettuato nell’ambito di una banda organizzata, preparazione di un omicidio ad opera di una pluralità di soggetti nonché detenzione illegale di armi da fuoco. Dopo che le autorità georgiane avevano chiesto presso l’Interpol la diffusione di un avviso rosso nei confronti di KN, corrispondente ad una richiesta di arresto provvisorio ai fini estradizionali, in data 4 ottobre 2021 quest’ultimo era stato arrestato provvisoriamente in Belgio, dove risiedeva, di talché l’ufficio del procuratore della Georgia aveva presentato una richiesta di estradizione alle autorità belghe.
Inizialmente sottoposto ad arresto provvisorio ai fini estradizionali, KN era stato poi rilasciato ma sottoposto a vigilanza giudiziaria in attesa di una decisione dei giudici belgi sulla richiesta di estradizione. Nel frattempo, in data 20 gennaio 2025 KN era stato sottoposto a fermo per identificazione in Francia sulla base del suddetto avviso rosso, di talché le autorità georgiane avevano presentato a quelle francesi una richiesta di estradizione analoga a quella presentata alle autorità belghe, con KN che era stato sottoposto ad arresto provvisorio ai fini estradizionali in Francia.
In data 19 febbraio 2025, tuttavia, la chambre des mises en accusation de la cour d’appel de Bruxelles (Sezione competente per l’imputazione della Corte d’appello di Bruxelles) aveva respinto la richiesta di estradizione presentata dalle autorità georgiane ritenendo che sussistessero seri motivi per temere che l’estradizione di KN verso la Georgia lo avrebbe esposto ad un diniego di giustizia nonché ad un rischio reale di trattamenti inumani o degradanti. Successivamente, nell’ambito del procedimento di estradizione avviato in Francia, KN era comparso dinanzi al procureur général de Montpellier (procuratore generale di Montpellier) dichiarando di non acconsentire alla sua estradizione. A seguito di tale rifiuto, pertanto, KN era stato condotto dinanzi alla chambre de l’instruction de la cour d’appel de Montpellier (Sezione istruttoria della Corte d’appello di Montpellier; il “giudice del rinvio”) che, alla luce della necessità di interpretare la normativa europea rilevante in materia, aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di Giustizia se l’articolo 67, paragrafo 3[1], e l’articolo 82, paragrafo 1[2], TFUE debbano essere interpretati nel senso che uno Stato Membro è tenuto a rifiutare di estradare verso un paese terzo un cittadino di un altro Stato Membro qualora le autorità di un terzo Stato abbiano precedentemente rifiutato di eseguire una richiesta di estradizione, proveniente da tale paese terzo e diretta all’esecuzione della stessa pena inflitta al cittadino in questione, a causa dell’esistenza di un rischio serio di violazione dei diritti fondamentali garantiti dall’articolo 19, paragrafo 2[3], e dall’articolo 47, secondo comma[4], della Carta.
La Corte ha preliminarmente ricordato che in mancanza di un accordo tra l’Unione e il paese terzo in questione, le norme in materia di estradizione rientrano nella competenza degli Stati Membri[5], che questi ultimi sono tuttavia tenuti ad esercitare nel rispetto delle norme europee, e segnatamente del divieto di discriminazione di cui all’articolo 18[6] TFUE nonché della libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati Membri di cui all’articolo 21, paragrafo 1[7], TFUE[8]. Più particolarmente, la circostanza che un cittadino di uno Stato Membro diverso da quello destinatario di una richiesta di estradizione che lo riguarda possegga anche la cittadinanza del paese terzo autore di tale richiesta non può impedirgli di far valere i diritti e le libertà garantiti dagli articoli 18 e 21, paragrafo 1, TFUE. La circostanza che la persona reclamata sia simultaneamente cittadina di uno Stato Membro e di un paese terzo, infatti, non può privarla di tali diritti e libertà[9]. A tale riguardo, una norma nazionale che vieta l’estradizione dei soli cittadini dello Stato Membro interessato introduce una differenza di trattamento a seconda che la persona reclamata sia un cittadino di tale Stato Membro o di un altro Stato, creando quindi una disparità di trattamento atta a pregiudicare la libertà di questi ultimi di circolare e di soggiornare nell’Unione[10]. Di conseguenza, in una situazione come quella del caso concreto, la disparità di trattamento consistente nel permettere l’estradizione di un cittadino dell’Unione, che possiede la cittadinanza di un altro Stato Membro, come KN, si traduce in una restrizione della libertà di circolazione ai sensi dell’articolo 21 TFUE[11].
Tutto ciò premesso, qualora sia tale da ostacolare l’esercizio di una o più libertà fondamentali garantite dai Trattati, una normativa nazionale può essere giustificata alla luce del diritto dell’Unione solo nella misura in cui è conforme ai diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto[12]. Lo Stato Membro richiesto che non estrada i propri cittadini, pertanto, è tenuto ad esaminare, prima di decidere di estradare, se tale decisione, in quanto attuazione del diritto dell’Unione, possa violare i diritti fondamentali garantiti dalla Carta[13]. A tal fine, l’autorità competente dello Stato Membro richiesto deve fondarsi su elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati, che possono risultare, in particolare, da decisioni giudiziarie internazionali. Né l’articolo 67, paragrafo 3, né l’articolo 82, paragrafo 1, TFUE, tuttavia, possono costituire la base di un obbligo di riconoscimento reciproco riguardante le decisioni di diniego, adottate dagli Stati Membri, di una richiesta di estradizione proveniente da un paese terzo, in quanto tali disposizioni si limitano a disporre che la cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione è fondata sul principio di un tale riconoscimento. Se è vero, inoltre, che il diritto dell’Unione contiene vari strumenti di diritto derivato che prevedono un obbligo di riconoscimento reciproco di talune sentenze e decisioni giudiziarie penali, nessun atto prevede un obbligo di riconoscimento reciproco delle decisioni adottate dagli Stati Membri riguardanti le richieste di estradizione provenienti da un paese terzo.
Per contro, il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno Stato Membro, per quanto riguarda lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di ritenere che, salvo circostanze eccezionali, tutti gli altri Stati Membri rispettino i diritti fondamentali garantiti dalle norme europee[14]. Più particolarmente, per quanto riguarda il mandato d’arresto europeo[15], tale principio impone, in presenza di una decisione di non esecuzione di un mandato del genere adottata in un altro Stato Membro a causa dell’esistenza di un rischio di violazione del diritto fondamentale ad un equo processo, che l’autorità dell’esecuzione di uno Stato Membro al quale è stata presentata una nuova domanda di consegna dell’interessato, nell’ambito del proprio esame dell’esistenza di un motivo di non esecuzione, tenga debitamente conto dei motivi sottesi a tale decisione[16]. Del pari, il principio della fiducia reciproca impone, in presenza di una decisione di diniego di estradizione della persona reclamata verso un paese terzo, adottata da uno Stato Membro a causa di un rischio serio, in cui la persona medesima incorre, di violazione del diritto fondamentale di non essere sottoposta alla tortura o a trattamenti inumani o degradanti nonché di quello ad un processo equo, che l’autorità competente di un altro Stato Membro, destinataria di una nuova richiesta di estradizione proveniente dallo stesso paese terzo e riguardante la stessa persona, tenga debitamente conto dei motivi sottesi a tale decisione di diniego, nell’ambito del proprio esame dell’esistenza di un rischio di violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta.
Tutto ciò premesso, la Corte ha pertanto statuito che:
“L’articolo 67, paragrafo 3, e l’articolo 82, paragrafo 1, TFUE devono essere interpretati nel senso che uno Stato membro non è tenuto a rifiutare di estradare verso un paese terzo un cittadino di un altro Stato membro qualora le autorità di un terzo Stato membro abbiano precedentemente rifiutato di eseguire una richiesta di estradizione, proveniente da tale paese terzo e diretta all’esecuzione della stessa pena inflitta a detto cittadino di un altro Stato membro, a causa dell’esistenza di un rischio serio di violazione dei diritti fondamentali garantiti dall’articolo 19, paragrafo 2, e dall’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.
[1] L’articolo 67 TFUE al paragrafo 3 dispone: “… L’Unione si adopera per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di lotta contro la criminalità, il razzismo e la xenofobia, attraverso misure di coordinamento e cooperazione tra forze di polizia e autorità giudiziarie e altre autorità competenti, nonché tramite il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se necessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali…”.
[2] L’articolo 82 TFUE al paragrafo 1 dispone: “… La cooperazione giudiziaria in materia penale nell’Unione è fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei settori di cui al paragrafo 2 e all’articolo 83…”.
[3] L’articolo 19 della Carta, intitolato “Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione”, al paragrafo 2 dispone: “… Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti…”.
[4] L’articolo 47 della Carta, intitolato “Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”, al paragrafo 2 dispone: “… Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare…”.
[5] CGUE 17.12.2020, Causa C‑398/19, Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Estradizione verso l’Ucraina), punto 28; CGUE 06.09.2016, Causa C‑182/15, Petruhhin, punto 26.
[6] L’articolo 18 TFUE dispone: “… Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità.
Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni…”.
[7] L’articolo 21 TFUE al paragrafo 3 dispone: “… Agli stessi fini enunciati al paragrafo 1 e salvo che i trattati non abbiano previsto poteri di azione a tale scopo, il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, può adottare misure relative alla sicurezza sociale o alla protezione sociale. Il Consiglio delibera all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo…”.
[8] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.
[9] CGUE 22.12.2022, Causa C‑237/21, Generalstaatsanwaltschaft München (Domanda di estradizione verso la Bosnia-Erzegovina), punto 31.
[10] CGUE 13.11.2018, Causa C‑247/17, Raugevicius, punto 28; CGUE 06.09.2016, Causa C‑182/15, Petruhhin, punto 32.
[11] CGUE 13.11.2018, Causa C‑247/17, Raugevicius, punto 30; CGUE 06.09.2016, Causa C‑182/15, Petruhhin, punto 33.
[12] CGUE 18.06.1991, Causa C‑260/89, ERT, punti 42-43.
[13] CGUE 22.12.2022, Causa C‑237/21, Generalstaatsanwaltschaft München (Domanda di estradizione verso la Bosnia-Erzegovina), punto 55; CGUE 13.11.2018, Causa C‑247/17, Raugevicius, punto 49.
[14] CGUE 29.07.2024, Causa C‑202/24, Alchaster, punto 57; CGUE 29.07.2024, Causa C‑318/24 PPU, Breian, punto 36.
[15] Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, GUUE L 190 del 18.07.2002.
[16] CGUE 29.07.2024, Causa C‑318/24 PPU, Breian, punto 46.