ACCORDI PAY-FOR-DELAY. LA CORTE DI GIUSTIZIA RESPINGE IL RICORSO DI TEVA E CEPHALON

team valletta Contenzioso, Diritto Europeo e della Concorrenza, Farmaceutico e Life Sciences, Marco Stillo, Pubblicazioni

In data 23 ottobre 2025, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata nella Causa C-2/24 P, Teva Pharmaceutical Industries Ltd e Cephalon Inc. contro Commissione europea, sull’impugnazione con cui la Teva Pharmaceutical Industries Ltd. (“Teva”) e la Cephalon Inc. (“Cephalon”) chiedevano l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 18 ottobre 2023[1] che, a sua volta, aveva respinto il loro ricorso volto all’annullamento della Decisione C(2020) 8153 final della Commissione[2] e, in subordine, l’annullamento o la riduzione dell’importo delle ammende loro inflitte.

 

Questi i fatti.

Il modafinil, principio attivo destinato al trattamento dell’eccessiva sonnolenza diurna associata alla narcolessia commercializzato come “Provigil”, è stato per anni il prodotto di punta della Cephalon, rappresentandone oltre il 40% del fatturato mondiale. Sebbene nel 2005 i brevetti principali sulla sostanza fossero scaduti nello Spazio Economico Europeo (SEE), la Cephalon deteneva ancora alcuni brevetti secondari relativi alla composizione farmaceutica, miranti a garantirne una protezione brevettuale aggiuntiva. Anche la Teva deteneva dei brevetti relativi al processo di produzione del modafinil, ed era pronta ad entrare nel relativo mercato con una propria versione generica che aveva iniziato a commercializzare nel Regno Unito. Al fine di ostacolare il lancio del modafinil da parte della Teva, la Cephalon aveva avviato diverse azioni legali lamentando la violazione dei suoi brevetti secondari. Tuttavia, nel dicembre 2005 le due società avevano concluso un accordo c.d. “pay-for-delay”[3] in base al quale la Teva rinunciava ad entrare nel mercato con una versione più economica del modafinil fino ad ottobre 2012 ricevendo in cambio di un pacchetto di accordi commerciali vantaggiosi[4] ed un corrispettivo monetario.

Nell’aprile 2011, pertanto, la Commissione aveva avviato una procedura antitrust per valutare se l’accordo avesse per oggetto o per effetto di ostacolare l’ingresso del modafinil generico nel SEE in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Ad esito di tale procedura, la Commissione aveva adottato Decisione C(2020) 8153 final, stabilendo che l’accordo pay-for-delay aveva escluso la Teva come competitor dal mercato rilevante del prodotto dal dicembre 2005 all’ottobre 2012, consentendo così alla Cephalon di continuare ad applicare prezzi elevati per il modafinil anche se il brevetto principale era scaduto da tempo, e sanzionando le due imprese, rispettivamente, per 30 e 30,5 milioni di euro[5]. Di conseguenza, la Teva e la Cephalon avevano adito il Tribunale deducendo quattro motivi di impugnazione, che tuttavia erano stati respinti integralmente[6]. Le due imprese, pertanto, si erano rivolte alla Corte di Giustizia deducendo due motivi.

Con la prima parte del primo motivo, la Teva e la Cephalon contestavano l’interpretazione fornita dal Tribunale al criterio stabilito nella Causa Generics[7] secondo cui un accordo di transazione stragiudiziale che prevede trasferimenti di valori può essere qualificato come restrizione per oggetto solo se questi ultimi trovano unicamente spiegazione nell’interesse commerciale sia del titolare del brevetto sia del presunto contraffattore a non farsi concorrenza basata sui meriti.

La Corte ha preliminarmente ricordato che gli accordi di composizione amichevole con i quali un produttore di medicinali generici candidato all’ingresso in un mercato riconosce, almeno temporaneamente, la validità di un brevetto detenuto da un produttore di farmaci originari e si impegna, in tal modo, a non contestarla e a non entrare in tale mercato, possono comportare effetti restrittivi della concorrenza[8]. Un produttore di medicinali generici, dopo aver valutato le sue possibilità di successo nel procedimento giurisdizionale che lo oppone al produttore del farmaco originario interessato, infatti, può decidere di rinunciare ad entrare nel mercato in questione e di concludere con quest’ultimo un accordo transattivo quanto a tale procedimento[9]. Il fatto che un accordo del genere sia accompagnato da trasferimenti di valori da parte del produttore di medicinali originari a favore di un produttore di medicinali generici non costituisce, tuttavia, un motivo sufficiente per qualificarlo come restrizione della concorrenza per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto laddove il produttore di medicinali generici percepisca dal produttore di farmaci originari somme corrispondenti effettivamente alla compensazione di spese o disagi connessi alla controversia che li vede opposti, o corrispondenti ad un corrispettivo per la fornitura effettiva di beni o di servizi al produttore di medicinali originari, tali trasferimenti di valori possono risultare giustificati[10].

Di conseguenza, quando un accordo di transazione stragiudiziale di una controversia relativa alla validità di un brevetto tra un produttore di farmaci generici e un produttore di farmaci originari, titolare di tale brevetto, comporta trasferimenti di valori dal secondo produttore al primo è necessario verificare se il saldo netto positivo di tali trasferimenti possa essere pienamente giustificato dalla necessità di compensare i costi o gli inconvenienti connessi a tale controversia o dalla necessità di remunerare l’effettiva e comprovata fornitura di beni o servizi da parte di quest’ultimo al produttore originario[11] e, in caso contrario, se, in mancanza di una giustificazione del genere, tali trasferimenti si spieghino unicamente con l’interesse commerciale di tali produttori di medicinali a non farsi concorrenza sulla base dei meriti[12].

Tutto ciò premesso, al fine di determinare se un accordo possa essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto è indispensabile, in particolare a causa degli stretti legami tra le clausole di non contestazione, di non commercializzazione e di approvvigionamento esclusivo di un accordo di transazione stragiudiziale, analizzare non ciascuna delle sue clausole restrittive separatamente, e bensì valutare se tale accordo, considerato globalmente, presenti un grado di dannosità economica sul buon funzionamento della concorrenza nel mercato rilevante che giustifica una siffatta qualificazione[13]. Ciò vale a maggior ragione quando, come nel caso concreto, l’obiettivo di tale analisi risiede nell’individuare l’effetto di incentivazione potenziale dei trasferimenti di valori e nel determinare se l’inclusione delle clausole restrittive nell’accordo di transazione rappresentasse la contropartita per i trasferimenti di valori effettuati dalla Cephalon attraverso le operazioni commerciali in questione. Se, infatti, fosse constatato che, in assenza delle clausole restrittive contenute nell’accordo di transazione, le parti non avrebbero concluso le operazioni commerciali ivi previste, se ne potrebbe dedurre che tali operazioni si spiegano unicamente con la restrizione della concorrenza convenuta in tale accordo. Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, tuttavia, non emerge da nessun elemento della sentenza impugnata, da un lato, che il Tribunale non abbia proceduto ad un’analisi del genere né, dall’altro lato, che esso abbia richiesto di dimostrare ciò che sarebbe accaduto in assenza dell’accordo di transazione considerato nel suo complesso.

Del pari, è senza commettere errori che il Tribunale aveva dichiarato che la Commissione era tenuta a verificare se le operazioni commerciali oggetto dell’accordo di transazione avrebbero potuto essere concluse, a condizioni altrettanto favorevoli, anche in assenza delle clausole restrittive. Il Tribunale, infatti, aveva ricordato che spetta alla Commissione dimostrare che, nel contesto in questione, le clausole restrittive concluse nell’ambito dell’accordo di transazione stragiudiziale avevano dato luogo ad un accordo restrittivo della concorrenza per oggetto e, quindi, dimostrare che dall’esame di tale accordo risultava che i trasferimenti di valori ivi previsti potevano trovare unicamente spiegazione nell’interesse commerciale sia del titolare del brevetto in questione sia del presunto contraffattore a non farsi concorrenza sulla base dei meriti. Il Tribunale, inoltre, aveva verificato se, per ciascuna delle operazioni commerciali previste da tale accordo, la Commissione fosse incorsa in un errore di valutazione nel concludere che le stesse avevano ad oggetto di servire da trasferimento di valore dalla Cephalon alla Teva come contropartita dell’impegno di quest’ultima a rinunciare ad entrare in modo indipendente nei mercati dei medicinali generici e a fare concorrenza alla Cephalon riguardo al modafinil, statuendo che essa aveva applicato il criterio giuridico appropriato nel ritenere che ciascuna delle operazioni commerciali in questione non aveva avuto altro scopo se non quello di aumentare il livello del trasferimento di valore complessivamente operato a favore della Teva da tale accordo al fine di indurla ad accettare le clausole restrittive. Di conseguenza, la prima parte del primo motivo deve essere respinta.

Con la seconda parte del primo motivo, invece, la Teva e la Cephalon sostenevano che la decisione del Tribunale era viziata da un errore di diritto consistente in una motivazione insufficiente e contraddittoria.

Secondo la Corte, tuttavia, le ricorrenti si erano limitate solamente a menzionare la contraddittorietà del ragionamento del Tribunale senza fornire spiegazioni né esporre un qualunque argomento a supporto di tale doglianza. Di conseguenza, non essendo stato affatto suffragato nell’atto di impugnazione, e bensì articolato per la prima volta soltanto nella memoria di replica senza, inoltre, fondarsi su elementi emersi dopo la presentazione dell’impugnazione, l’argomento vertente su una contraddizione della motivazione deve essere considerato irricevibile. La seconda parte del primo motivo, pertanto, deve essere respinta, e con essa il primo motivo in toto.

Con il secondo motivo, infine, la Teva e la Cephalon sostenevano che il Tribunale era incorso in diversi errori di diritto nell’esame degli effetti anticoncorrenziali dell’accordo di transazione. 

L’oggetto e l’effetto anticoncorrenziale di un accordo, tuttavia, non costituiscono requisiti cumulativi, e bensì alternativi per l’applicabilità del divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, di talché non occorre esaminare gli effetti di un accordo una volta che ne sia stato accertato l’oggetto anticoncorrenziale[14]. Poiché l’esame del primo motivo di impugnazione non ha rivelato alcun errore di diritto, la Corte ha ritenuto non necessario esaminare il secondo, relativo agli effetti anticoncorrenziali dell’accordo di transazione, respingendo pertanto l’impugnazione della Teva e della Cephalon e confermando la sentenza del Tribunale.

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[1] Tribunale 18.10.2023, Causa T-74/21, Teva Pharmaceutical Industries e Cephalon/ Commissione.

[2] Dec. Comm. C(2020) 8153 final, del 26 novembre 2020, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, Caso AT.39686-Cephalon.

[3] Gli accordi pay-for-delay sono accordi volti a ritardare la commercializzazione di un farmaco generico dietro pagamento di un corrispettivo o altra utilità.

[4] Nello specifico questi comprendevano, tra le altre cose, un accordo di distribuzione, l’acquisizione di una licenza su alcuni brevetti relativi al modafinil da parte della Cephalon, l’acquisto di materie prime dalla Teva e la concessione dell’accesso a dati clinici di grande valore per la Teva e relativi ad un diverso medicinale.

[5] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[6] Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[7] CGUE 30.01.2020, Causa C-307/18, Generics (UK) Ltd e altri contro Competition and Markets Authority. Per ulteriori informazioni si veda il nostro precedente contributo, disponibile al seguente LINK.

[8] CGUE 27.06.2024, Causa C‑201/19 P, Servier e a./Commissione, punto 293; CGUE 30.01.2020, Causa C-307/18, Generics (UK) Ltd e altri contro Competition and Markets Authority, punto 81.

[9] CGUE 27.06.2024, Causa C‑201/19 P, Servier e a./Commissione, punto 163.

[10] Ibidem.

[11] Ibidem, punto 164.

[12] Ibidem, punto 165.

[13] Ibidem, punto 294.

[14] CGUE 06.10.2009, Cause riunite C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P et C‑519/06 P, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., punto 55.